V1 – G1/2
Partenza da Firenze molto confortevole. Italo è in orario e a Tiburtina riesco anche a prendere il regionale prima. Esperienza Fiumicino, pure, sorprendentemente positiva. Aeroporto pulito e in ordine, niente attese, e al Terminal G si va con una specie di metro! Perché non lo sapevo? Comunque questa è l’Italia, che bara e vuole vincere facile a confronto coi paesi africani e per questo mi manda liscie le cose per questa volta.
Aereo Boeing 767 Ethiopian Airlines per Adis Abeba un po’ vecchiotto ma non spaventoso. Si decolla alle 00:00 e poi spengono le luci. Ti fanno addormentare ma ti portano una cena inutile all’una e mezzo rovinando la nottata a tutti. Ad Addis Ababa esco dall’aereo a fianco di Cécile Kyenge che prima non avevo notato, dettagli non rilevanti per il VIC ma per me una curiosità della nottata. Seriamente sicuro fosse lei. Aspettando la coincidenza in aeroporto, interagisco con la squadra di handball Egiziana che andava non so dove per un torneo, e con un campione di non so che con un completo grigio di raso con sotto una maglia sportiva con scritto Tanzania ed un grosso medaglione d’oro con scritto 1. Tutti volevano che li fotografassi con i loro telefoni. Ad Addis Abeba piove in modo incredibile e fa un freddo che non avrei mai sospettato. Addis Ababa si trova a 2355 metri slm. Secondo volo Ethiopian con aereo 737 più piccolo ma migliore, arrivo a Dar es Salam in orario su partenza in ritardo.
Dopo aver ripreso lo zaino zuppo a causa della pioggia al cambio e fatto le procedure per il visto, finalmente esco ed incontro Philipo che mi aspetta con un cartello con scritto il mio nome. Insieme a lui c’è l’autista Samson, e due ragazze che mi accolgono con kuwacaribisha (benvenuto) e mi dicono che devo rispondere ashante sana (grazie tante) per poter avere indietro un karibu (prego). Temo tanto si siano accordati con gli autori della Lonely Planet. Sono persone molto gentili e molto divertenti. Viaggiando in auto (un grosso pickup fuoristrada con scritto Associazione Mazingira sugli sportelli) abbiamo chiacchierato e riso abbastanza. C’era un pickup vicino al nostro, nel traffico, con una decina di ragazzotti sul cassone che suonavano trombe e tamburi. Purtroppo a giudicare dalle espressioni delle mie guide questo non accade spesso.
Ciò che è rilevante al VIC, oltre al fatto che finalmente sono qui, è l’incontro con Philipo con il quale passerò molto tempo insieme nei prossimi giorni e che sta organizzando molte cose per me. Francesco e Silvia me ne hanno parlato benissimo e per il momento la mia impressione è molto positiva.
Lungo la strada vedo dei lavori in corso per la costruzione di quella che suppongo essere una tranvia per garantire fluidità ai trasporti altrimenti ingorgati nel pur ampio vialone. Avevo letto che il traffico è uno dei principali problemi di Dar es Salam, ma l’esperienza di quell’enorme ingorgo continuativo è comunque impressionante. Philipo sostiene che stanno facendo le stazioni rialzate da terra ma che non hanno ancora deciso quale sarà il mezzo di trasporto. Possibile? Sul lato però c’è qualcosa che mi incuriosisce: artigiani all’aperto che costruiscono e vendono letti in legno massello a bordo strada, più d’uno anche bello. Sono incuriosito da questi due-tre chilometri di nanna predisposta in mezzo alla polvere, alla luce e al rumore, ma che si suppone troverà il suo posto in qualche casa.
Mi accompagnano in albergo e mi ci lasciano con appuntamento per domattina alle 8 per iniziare il nostro tour di fornitori. La camera è più di quanto avessi bisogno: letto pulito, bagno, televisore a muro che serve solo a battere la testa quando passo e anche il condizionatore, che però se l’accendo salta la corrente a tutto l’edificio (come ho constatato ripetutamente poco fa). C’è internet. È pomeriggio e anche se sono reduce da una ventina di ore di viaggio non mi pare il caso di andare a dormire alle 15. Vado quindi a salutare l’oceano indiano che è a pochi metri dall’albergo. Passeggio sul bagnasciuga, faccio qualche foto, chiacchiero con un ragazzo di qui che mi presenta suo fratello, poi suo fratello quell’altro, poi un amico. Jacob si era fatto una bella giornata al mare perché domenica, ed era genuinamente curioso di sapere che stessi a fare, unico europeo seduto solo in quella spiaggia alla periferia della città.
Dopodiché me ne torno in camera e faccio finalmente la doccia, ordino la cena ed eccomi qui, che scrivo questi appunti mentre mi godo il mio meritatissimo ndizi mzuzu.
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