V4-G15/16/17/18 • TEST N TASTE
G15_Ieri, in serata, è finalmente arrivato da Dar il metallo per fare le porte. Al cantiere, no Balele, no Sahidi, no Ngoa, no Kyampuku. Ci sono solo i ragazzi che spalano e che hanno già iniziato a sistemare la ghiaia.
Il falegname arriva dopo un po’ e si mette a lavorare: gli dico che ha tre giorni di tempo per terminare il lavoro, altrimenti non lo pagheremo perché ci ha già procurato abbastanza danni. Naturalmente mi dice “ok”, cosa che avrebbe risposto in ogni caso a qualunque cosa gli avessi detto. Resto a guardarlo lavorare, leggendo un libro seduto su un banco del mercato.
Insieme a Pima e Ngoa, andiamo a comprare altra vernice perché quest’ultimo possa continuare il lavoro. Serve la mia presenza per via della mia richiesta di avere un tono marrone. Pare che nel mercato locale non si riesca a reperire, ma forse meglio così perché è ragionevole presumere che il tono eventualmente a disposizione non fosse quello giusto. Mi risolvo a fargli acquistare la tinta bianca, e di ingegnarmi per ricreare il tono. Speriamo bene.
Mi aspetta un pranzo folkloristico. L’Associazione Mazingira ha sviluppato alcuni forni, semplici ma ingegnosi, alimentati con la pula di riso. Lo scopo è quello di limitare il continuo taglio di alberi a parte della crescente popolazione allo scopo di cucinare. Oggi faranno una prova generale per il funzionamento, prima di organizzare un evento dimostrativo. Alcune donne del villaggio cucinano dell’ugali (polenta di farina di mais) con verdure e alcuni pescetti essiccati che finora mi ero sempre limitato a guardare con disgusto nelle ceste dei mercati. Continuerò a guardarli con disgusto anche infuturo, mi sa.
L’UEMC si affolla, perché arrivano due ricercatori inglesi che resteranno per una settimana, ma soprattutto arrivano i danesi con la summer school al seguito. Per quindici giorni una ventina di universitari piuttosto eterogenei per formazione e provenienza faranno attività formative, escursioni nei parchi e intaseranno la precaria connessione wi-fi.
G16_Insieme a Silvia, dedichiamo una mezz’ora ai manuali. Secondo i piani il primo deve essere pronto entro fine mese, ma gli impegni qui paiono non finire mai e quindi siamo in ritardo. In cantiere ricevo in visita gli studenti della summer school ai quali presento il lavoro, godendomi il mio quarto d’ora di celebrità.
Questa mattina Balele avrebbe dovuto tagliare le lamiere per fare le porte, ma la segheria dove intendeva portarle è ferma per ragioni non meglio identificate. Forse, kesho. Inizio ad essere preoccupato.
G17_Oggi piove molto forte per tutta la prima parte della mattinata. È la prima volta che mi trovo in cantiere con la pioggia torrenziale, e colgo finalmente l’occasione per constatare che la mia waterfall funzionicchia. Sul lato est dell’edificio piccolo infatti la copertura aggetta appoggiandosi su due alte colonne, e scarica l’acqua dell’intero edificio fuori dal basamento, tutta insieme in un’area definita. Naturalmente, dovremo occuparci della regimazione delle acque a terra.
Anche a questo scopo, dò ordine di iniziare la pulizia delle aree anche al di fuori del basamento. Dopodiché ci occuperemo di livellare un po’ il terreno per adattarci in modo morbido alla pendenza esistente. Prossimamente penseremo alla definizione dei percorsi utilizzando la solita ghiaia locale e alla piantumazione nel giardino circostante.
È finalmente giunto il tempo anche per approcciare una questione che mi ronza in mente da molto, ma che data la quantità di questioni aperte ancora non avevo portato all’attenzione di tutti. Ci sono tre alberi, interamente ricoperti di rampicanti, che ostruiscono la vista delle montagne, mortificando a mio avviso il senso stesso del portico e in questo senso il funzionamento del VIC, concepito per includere l’osservazione della foresta nell’esperienza espositiva fornita. Una volta tornato all’UEMC ne parlo con Silvia e Nikolaj che approvano, trattandosi di alberi appartenenti alla caotica fascia di vegetazione che precede la foresta e che pertanto sono di limitato valore ecologico. Bisognerà sentire l’opinione dell’amministrazione del parco, e questo potrebbe comportare delle lungaggini.
Nel pomeriggio mi dedico alla definizione del progetto delle luci. Si tratta di un aspetto ancora fluido di questo progetto, forse l’ultimo rimasto. Ancora una volta, una progettazione di massima dovrà scontrarsi con la realtà del mercato locale, e poi modificarsi di conseguenza. Anche in questo caso, i criteri generali restano i soliti: per incentivare la durevolezza dell’opera investo più volentieri sulla strategia della manutenzione. Sembra ovvio, eppure troppo spesso si tende a privilegiare materiali che appaiono più duraturi in sé, senza tenere conto di quanto sia facile mantenerli, ripararli o sostituirli all’occorrenza. È seguendo lo stesso criterio che ho deciso, ad esempio di utilizzare i mattoni locali per il pavimento: in quanto imperfetti sono predisposti all’invecchiamento, e se ci fosse bisogno di sostituirli sarebbero disponibili a pochi passi e per pochi soldi. Nel VIC utilizzeremo soltanto lampadine led con attacco standard E27, e barre di luci al neon. Nessuno potrà sostenere che non era possibile sostituire quelle eventualmente danneggiate. Metto a punto una lista delle cose necessarie, pronto a modificare le mie scelte sulla base di quanto effettivamente disponibile.
G18_Finalmente la segheria è libera e Balele può tagliare le lamiere. Gli altri lavorano o non lavorano secondo la media degli ultimi giorni. Torno all’UEMC e inizio su due piedi a progettare la capanna adibita a deposito del mercatino. Intanto incarico Goa di realizzare con l’intonaco lo schermo per le proiezioni all’interno della seminar room.
Insieme a Pima, andiamo a conoscere alcuni altri produttori di cannucciati in bambù che si trovano nel vicino villaggio di Kisawasawa, pochi km più a sud di Mang’ula. Siamo anche alla ricerca di un nuovo falegname perché anche Ovin ha ormai perso la nostra fiducia. A Mohaio c’è Joseph. Visto il nome appropriato per un falegname, speravo che facesse miracoli come il santo ma invece si limita a chiedere troppi soldi. Andiamo allora da un certo Ramasani che dice di poter realizzare ogni pannello a meno della metà. Per l’ennesima volta, gli chiediamo di produrne due o tre per prova dicendo che saremmo tornati domani.