
V4-G19/20/21 • Don’t be like Jesus!
G19_Finalmente si lavora alle porte. Appuntamento alle otto ma come è tipico qui, una volta incontratoci invece di lavorare siamo bloccati dal fatto che mancano cose basilari che sembrerebbe ovvio essere a disposizione della squadra di lavoratori che ha l’incarico di svolgere un lavoro. Oggi mancano le welding sticks ed altri oggetti simili necessari a lavorare il metallo senza che nessuno, negli ultimi quattro giorni che hanno passato ad aspettare, abbia avuto il minimo pensiero di organizzarsi. Sono un po’ scoraggiato dalla lentezza con cui stiamo progredendo, e da questa catena di imprevisti prevedibili che complicano esponenzialmente ogni operazione. Ma poi le cose si mettono in moto grazie ad un giro di telefonate in swahili che non posso comprendere.
Stanno portando i mattoni che utilizzeremo per le pavimentazioni. I blocchi, realizzati a mano e cotti (fired, not burnt) a bassa temperatura presentano il colorito rossiccio della terra dalla quale sono tratti. Dico a Gowa che sarà necessario ripulire quelli più sporchi spazzolandoli e, ovviamente, selezionarli. I mattoni presentano una faccia più o meno piatta ed una del tutto in regolare, conseguenza del metodo produttivo artigianale che non è in fondo diverso da quello degli adobe. Per ora li abbiamo tutti ammucchiati intorno alla costruzione.
Il falegname Ramasmani ha finalmente preparato i suoi pannelli di prova per il controsoffitto che andiamo a vedere al suo laboratorio. Anche se fossero giuste le dimensioni, e ne dubito, devo dire che sono piuttosto mal realizzati. La questione dei pannelli per il controsoffitto – quattro stecche di legno! – sta prendendo una piega kafkiana. Non riesco a farmi una ragione del perché falegnami che realizzano mobili ben più complessi abbiano tanta difficoltà ad eseguire un operazione tanto semplice. Ormai, ne abbiamo cambiati tre. Mi chiedo se non ho sbagliato qualcosa nel modo di esprimere le mie richieste, provocando una sorta di blocco psicologico legato al fatto di non capire, forse, il senso e l’uso del loro lavoro. Una Discovery Table? Pannelli contenenti reti per i cesti appesi al soffitto delle stanze? Per fortuna la mia meraviglia si sovrappone un po’ allo sconforto. Ne parlo a Pima, secondo il quale invece i falegnami in questione sono solo vergognosamente disorganizzati e pigri.
In ogni caso proveremo domani perché dobbiamo andare a vedere le sculture che avevamo richiesto qualche giorno fa. Hanno realizzato la contadina locale, e io ne sono soddisfatto. Mi aggrappo a quest’ultima notizia per andare a dormire contento.
G20_Proviamo i pannelli, ma come previsto non vanno bene. Sono troppo piccoli, e sghembi da ovunque li si guardi. Fortunatamente Ramasani è venuto anche lui in cantiere e quindi gli spieghiamo meglio le cose. Pima coglie l’occasione per fare una ramanzina con toni scherzosi ai local fundi presenti, che si può sintetizzare con la frase: Don’t be like Jesus! con la quale chiedeva a tutti di evitare di annunciare il proprio ritorno risolutivo per l’indomani senza però che questo accada mai. La Tanzania, limitatamente alla mia esperienza, sembra un paese esemplare per quanto riguarda la convivenza religiosa con riferimento principale in questo caso a cristiani vari (maggioranza non schiacciante) e musulmani, ma anche moltissimi indù che popolano la costa. A Mang’ula ci sono alcune chiese e si sente cantare il muezzin nelle ore comandate. Anche nel piccolo ecosistema del cantiere del VIC, i cristiani vanno a messa la domenica mattina e i musulmani pregano ogni volta che ritengono sia l’ora, senza intralciarsi granché a vicenda ed eventualmente liberi di scherzare in questo modo.
G21_Anche se domenica, questa mattina abbiamo appuntamento con il chief Nguluma per ottenere la sua approvazione al ritiro di denaro in contanti dal fondo progetto per spese correnti, e per avere aggiornamenti circa la questione degli alberi che ho proposto di rimuovere. I soldi ci servono per domani, quando andremo a Morogoro ad acquistare materiali vari, in primis quelli necessari all’illuminazione. Dopo aver risolto la questione amministrativa, il chief ci dice che terranno domani una riunione con l’ecologista del parco per decidere degli alberi. Insomma niente di fatto.
Già che siamo lì, passo un po’ di tempo in cantiere Silvia, le mostro i progressi e discutiamo di dettagli vari, soprattutto inerenti gli allestimenti. Mi fa piacere ogni tanto avere un interlocutore sul posto oltre ai lavoratori locali, e sentire un parere diverso dal mio. Ad esempio, parliamo di come disporre i pannelli verticali che fungeranno da separatori per la fascia di ripostiglio sul fondo della seminar room. Farò costruire dei pannelli-tenda simili a quelli del controsoffitto – ce la farò mai? – per poterli appendere con dei semplici ganci a delle barre saldate alle travi del solaio di copertura. Quando li si vuole spostare, li si prende e li si aggancia ad una barra secondaria, la cui posizione è l’argomento della discussione, in quanto influente sulla flessibilità. Alla fine, optiamo per compattare tutte le barre dietro la prima e la seconda tenda, in modo da compattare all’occorrenza tutti i pannelli in quel punto e sfruttare tutta la profondità costruita della stanza. Spiego quindi tutto a Balele, che mi promette che entro domani avrà finito anche con i telai di porta e finestra dell’edificio piccolo, così da mettere Gowa in condizione di lavorare.
Prima di rientrare, passiamo a vedere il teschio di elefante che avremmo voluto posizionare nel VIC, ormai irrimediabilmente compromesso. Silvia si accorge che alcuni denti sono in buone condizioni, e alcuni ragazzi del parco compiono immediatamente l’estrazione e si incaricano di ripulirli. Questa settimana, è stato trovato da alcuni contadini anche un grosso femore di elefante in un campo qui vicino. Non ne avevo mai visto uno.
Passiamo il pomeriggio a fare altra contabilità, per essere sicuri di non avere brutte sorprese sul fronte economico proprio ora che siamo a fine progetto. In questi giorni si stanno stratificando acquisti e lavorazioni in maniera disordinata. Confrontiamo tutte le spese fatte da inizio progetto con le erogazioni di denaro dall’Italia per verificare che tutto quadri e applichiamo, a seconda della data, i relativi tassi di cambio. Resto stupito ed orgoglioso dal constatare che le condizioni del nostro budget sono proprio quelle che dovrebbero essere a questo punto, imprevisti inclusi. Silvia, avvezza a quello che chiama realismo, proprio non vuole crederci: avremo mica dimenticato qualcosa?